"Nel 1935 trovai casualmente una pietra insolita nel Rio Boite.
La misi in un armadio e chiesi a tutti di che tipo di pietra poteva trattarsi.
Un botanico inglese mi spiegò che poteva trattarsi esclusivamente di un corallo fossilizzato.
Questo stimolò la mia curiosità.
Per mesi mi spostai da una valle all'altra per ritrovare il punto da cui poteva provenire questo corallo.
Un giorno d'autunno mi sedetti ai piedi del Faloria per riposarmi.
Quando guardai per terra, mi vidi circondato ovunque da lamellibranchi, ammoniti e molti altri organismi fossilizzati.
Mi sembrava di essere sulla riva di un mare.
Tutti i fossili erano così ben conservati come se qualcuno avesse fatto in modo di proteggerli.
Coralli e spugne sembravano fossero appena usciti da un mare tropicale...."
Nato a Cortina il 22 dicembre 1902, compie gli studi ginnasiali a Zurigo (1914 – 1920) dove apprende le prime nozioni di scienze naturali, le lingue francese, inglese, tedesca e il pianoforte al conservatorio. Nel 1920 torna a Cortina, entra nell'azienda foto-ottica del padre e si arricchisce di una nuova preziosa conoscenza: la tecnica della fotografia.
Comincia in questo momento la sua attività di naturalista.
Nel 1922 Rinaldo inizia un erbario della flora cortinese. Dopo 15 anni avrà compiuto l'opera, con l'identificazione di un migliaio di specie.
Nel 1939 pubblica “La flora montana e alpina di Cortina d'Ampezzo”, insieme al prof. Pampanini dell'Università di Catania. Colleziona, inoltre, coleotteri e farfalle, una raccolta entomologica altamente scientifica.
I suoi interessi spaziano ovunque, ma è indiscutibile che il contributo più prezioso da lui dato alle Scienze Naturali resterà sempre quello paleontologico.
Nel 1935 trova uno strano sasso sul greto del Boite (ora sappiamo che era un corallo fossile) e ne rimane entusiasta. Cominciano così quelle ricerche – particolarmente negli strati cassiani nell'area intorno a Cortina – che gli daranno una messe incredibile di fossili (si parla di oltre un milione d'esemplari) e il rispetto dei paleontologi di tutto il mondo.
Senza conoscere la chimica, si accorge che gli acidi humici distruggono nel tempo la compatta matrice calcitica che ingloba i fossili e non intacca minimamente questi ultimi, specie coralli, spugne, molluschi.
Pezzi rarissimi e stupendi rimangono occultati finché non emergono, del tutto ripuliti, nelle loro architetture. Zardini stimola i ricercatori di tutto il mondo a riprendere il problema delle faune «cassiane» grazie alla spettacolare varietà delle sue raccolte.
Autorevoli Università studiano i suoi fossili. Pian piano, comincia a far conoscere, attraverso pubblicazioni sue o in collaborazione con noti specialisti di tutto il mondo, il materiale raccolto: lamellibranchi, cefalopodi, gasteropodi, spugne, echinodermi e bivalvi sembrano non avere più segreti per lui.
Il suo apporto è così importante che viene nominato ricercatore affiliato allo Smithsonian Instituton di Washinton. La Facoltà di Scienze Naturali dell'Università di Modena gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Naturali, affermando che: «Zardini ha superato di gran lunga la soglia che divide il collezionista dallo scienziato»
La montagna e quanto essa custodisce ebbe da lui una dedizione totale. Visse interamente il suo sogno, come un ragazzo, quale egli rimarrà fino alla morte, avvenuta il 16 febbraio 1988.