Volos (Grecia), 1888 - Roma (RM), 1978
Giorgio de Chirico nasce a Volos, in Tessaglia, il 10 luglio 1888 da madre genovese e padre di origini siciliane. Qui impara i primi rudimenti della pittura con il maestro Mavrudis, quindi con Carlo Barbieri e lo svizzero Jules-Louis Gilliéron. Nel 1899 si trasferisce con la famiglia ad Atene, dove nel 1903 si iscrive al Politecnico frequentando i corsi di disegno del professor Jacobidis, proveniente dall’Accademia di Monaco di Baviera. Qui si esercita nella copia in bianco e nero di calchi di sculture greche e romane. Interrompe gli studi a causa della morte del padre (1905) e della conseguente decisione della madre di lasciare la Grecia. Nell’agosto 1906 la famiglia de Chirico (la madre, Giorgio e il fratello Andrea - conosciuto soprattutto con lo pseudonimo di Alberto Savinio) è in Italia, soggiornando a Firenze, a Venezia e a Milano, e visitando musei e gallerie d’arte. Nel biennio 1907-09, si trasferisce con il fratello a Monaco di Baviera e frequenta l’Accademia di Belle Arti formando la propria personalità d’artista sui testi pittorici di Böcklin e Klinger e sugli scritti filosofici di Schopenhauer, Nietzsche e Weininger. Alterna soggiorni a Milano e Monaco e nel 1909 si sistema definitivamente nella città lombarda. In questi anni numerosi sono gli spostamenti in altre città italiane tra cui Roma, Torino e Firenze, dove nel 1910 affronta per la prima volta la tematica “metafisica”. Nel 1911 raggiunge la madre e il fratello a Parigi, dove l’anno seguente espone per la prima volta al Salon d’Automne. Nel 1915, assieme al fratello, rientra in Italia per presentarsi al distretto militare ma, per una forte depressione, non viene inviato al fronte ma a Ferrara, dove segue lavori d’ufficio. Qui conosce de Pisis, il poeta Corrado Govoni e, tramite Soffici, Carrà. É in questo periodo, all’ombra del Castello degli Este, che nascono alcuni dei suoi capolavori: Le muse inquietanti, Ettore e Andromaca, Il grande metafisico, e si precisa teoricamente la sua poetica. Entrato in contatto anche con il gruppo dadaista, partecipa a una mostra a Zurigo. Nel 1918 si trasferisce a Roma, dove espone alla Iª “Mostra d’Arte Indipendente” con Carrà, Prampolini, Riccardi, Soffici, Ferrazzi, mentre l’anno seguente tiene la prima personale alla Casa d’Arte Bragaglia e viene pubblicata la Iª monografia su di lui da “Valori Plastici”. Nei primi anni Venti vive tra Roma, Milano e Firenze, dove studia tecnica pittorica, apprendendo dal russo Nicola Locoff l’uso della tempera grassa verniciata. Nel 1924 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, dove sarà presente per più edizioni. In questo periodo frequenta assiduamente i musei ed è particolarmente attratto dalla pittura rinascimentale e barocca. Proprio lo studio dei grandi maestri del passato, motiva un’evoluzione sensibile della sua arte sostenuta anche sul piano teorico dagli articoli in cui sollecita un “ritorno al museo, al mestiere, alla tecnica”. In questi anni nella sua opera si accavallano e interferiscono temi, tecniche ed elaborazioni fantastiche in cui è possibile rintracciare motivi metafisici e suggestioni teatrali. Nel 1946 l’artista dichiara falsi i dipinti degli anni Venti e Trenta facenti parte della retrospettiva organizzata presso la Galleria Allard di Parigi. É profondamente infastidito dallo spaventoso numero di sue opere false che circolano. Nel 1949 organizza una mostra personale alla Royal Society of British Artists di Londra. Contemporaneamente la London Gallery espone deliberatamente solo sue opere metafisiche. Le opere dell’esposizione alla Royal Society saranno in seguito presentate a Venezia alle “Antibiennali” in contrapposizione con quelle selezionate per la rassegna organizzata dalla Biennale. Continua a dipingere contemporaneamente opere di metafisica e opere di impianto “classico”. Nel 1970, a Milano, viene organizzata una grande antologica dedicata alla sua arte, alla quale fanno seguito importanti riconoscimenti nazionali ed internazionali. Muore nella sua casa a Roma nel 1978.
“Non bisogna dimenticare che la parola tecnica deriva dal greco téchne, che vuol dire arte [...] non mi sono mai fermato ed ho sempre pensato [...] che la tecnica è tutto nella creazione d’arte [...] non mi sono mai fermato ed ho sempre continuato a cercare, o sperimentare e a fare e rifare, per dare alla mia pittura qualità sempre migliori e per poter lavorare sempre più sicuramente e liberamente.” (Giorgio de Chirico, 1945)
Per accedere a questa documento devi essere registrato